Cronologicamente fu, forse, il primo campionato migrato dai canali Rai a quelli privati: non so se prima su TMC o su Italia 1 e Koper, ma quello di cui sono sicuro è che è il primo sport nel quale ho firmato la regia. Devo dire che è anche la migliore palestra per crearsi un proprio stile e imparare l'importanza del ritmo nella scansione delle immagini. E' uno sport veloce, con una precisa sequenza delle fasi di gioco di ogni singola azione e questo impone la creazione di un algoritmo con poche variabili: la battuta che può essere flottante (quasi ferma) e al salto (molto dinamica e veloce), ti costringe, se utilizzi una inquadratura stretta, ad anticipare lo stacco prima del momento del contatto mano-palla per andare sulla camera che lavora sull'inquadratura larga. Quest'ultima viene fatta da una telecamera perfettamente in asse con la rete, che parte dal totale largo comprendente chi batte sino alla linea di fondo dell'altra metà campo. Dopo la battuta la telecamera effettua un movimento combinato di pan e zoom in modo da comprendere chi riceve il pallone e dando aria sufficiente dall'altro lato del campo per il contrattacco… e così via, ribilanciando le inquadrature di volta in volta che la palla cambia metà campo. L'importante è che il movimento sia molto morbido e fluido, in modo di non creare un effetto "mal di mare" in chi guarda. In alternativa a questa telecamera si può usare quella a 90° (per capirci, l'inquadratura delle partite di tennis), che normalmente viene usata come prima opzione nei replay di gioco.
Poi dopo che la palla è andata a terra, c'è una sequenza che prevede, a secondo delle telecamere, uno o due stacchi sui protagonisti dell'azione, replay, se c'è tempo un altro primo piano, prima di tornare sulla sequenza di gioco. A spezzare questa routine di gioco, ci sono i time-out, all'interno dei quali vengono proposti approfondimenti, che possono essere tattici (lavagna), statistici (grafiche), o di colore (clip musicate e no).


La primissima versione del volley in tv, veniva prodotto con un quadricamere, e due/tre replay. Una nota storica: in quel periodo la battuta poteva essere effettuata solo all'interno delle tacche che ne delimitavano l'area, a sinistra erano nell'angolo più vicino e a destra erano sulla diagonale opposta. Inoltre c'era ancora il cambio palla, cioè facevi punto solo se riuscivi a mettere a terra la palla dopo che la avevi servita. Se lo facevi dopo il servizio dell'avversario ottenevi soltanto il cambio di possesso della palla. In questo modo molte partite duravano un'infinità: ricordo un' Italia vs Cuba di World League che durò oltre quattro ore… (e ricordo in che condizioni uscimmo dalla regia….)
I prossimi sono appunti del vecchio sito: come potrete vedere i concetti e le idee sono rimaste le stesse anche anni dopo. La regia è come la grammatica: i condizionali e i congiuntivi si devono usare nella stessa maniera…


Devo fare ammenda, è lo sport che mi ha aperto le porte alla regia televisiva e non né ho mai parlato né scritto, perlomeno da quando c'è questo sito (5 annetti...). Ora (lo stordimento non è di questi tempi) voglio almeno raccontarlo, per come lo ho interpretato sinora e di come ora se ne occupino diversi miei colleghi. Televisivamente è schematico, sopratutto per quanto riguarda il gioco live. Come sempre l'ideale per far capire quel che accade è non frammentare le immagini finche la palla è in gioco. L'unico stacco è quello della battuta e va fatto con il dovuto tempo: se questa è flottante può essere successivo al contatto col pallone, perché la velocità della palla è molto inferiore e la possibilità di errore pure. Quando la battuta è al salto lo stacco va anticipato per il motivo opposto: la palla viaggia velocissima e la possibilità che impatti con la rete è consistente così come il fatto che possa andare oltre la linea di fondo. La schematicità degli stacchi inoltre aiuta chi guarda a non dover "cercare" il pallone , andando in automatico dove è presumibile che si possa trovare la palla nell'immagine video. Per fare un esempio: ho visto alcuni colleghi che dopo la battuta vanno a staccare su una telecamera che inquadra la seconda linea in ricezione per pescare il dettaglio del giocatore che riceve. Percentuale di avere un'immagine buona e utile forse 1 su 4. Le altre tre vanno da uno stacco a vuoto perché la palla si è fermata sulla rete o è andata lunga. Oppure la palla arriva più corta o più lunga costringendo l'operatore (e quindi chi guarda) ad una correzione violenta dell'inquadratura, per non parlare di un'eventuale stacco fuori tempo provocato dal rallentamento della palla sul net della rete. Questi sono possibili errori, ma quello concettuale è il fatto di interrompere la continuità di un movimento senza averne alcun beneficio visivo. Questo stacco "spiazza" chi guarda da casa perchè non naturale. E' il caso che spieghi il concetto di stacco naturale: è quello che l'occhio di chi guarda (da casa, non dalla regia) segue senza sforzo e senza dover cercare il soggetto dell'azione (pallone o persona che sia). Uno stacco in cui il movimento all'interno dell'inquadratura ha una continuità in quella successiva e che non provochi disorientamento, acidità di stomaco, cefalea e sonnolenza. A parte gli scherzi, questo tipo di valutazione è quella che distingue una buona regia dalle altre. Prima far capire, poi sottolineare, punto.

Il volley dal punto di vista televisivo s è arricchito di tutti quei gadgets che imperversano in tutti gli altri sport di squadra e non:telecamere remotate con o senza bracci, replay digitali, lavagne grafiche, animazioni, superslomotion, e così via. Così come si è specializzato il commento, distribuito su più voci con funzioni diverse: chi racconta l'azione,chi approfondisce, l'analista tecnico (con l'ausilio di lavagna grafica) e il bordocampista (interviste e quant'altro). Siamo partiti dal quadricamera degli anni '80 a salire fino alle 7/8 che si usano ora. Una volta c'erano la 1 (camera master centrale alta), la 2 sullo stesso asse se possibile ma ad una quota intermedia e con un'ottica più lunga (di zoom), una portatile a spalla ad altezza campo sul lato della battuta "vicina" (una volta chi serviva aveva una "tacca" ben precisa dalla quale non poteva uscire per battere). L'ultima telecamera presidiata (cioè con operatore) era sull'asse longitudinale del campo, alta più o meno come la 1 e con ottica lunga. Da un certo periodo in poi (all'incirca '86-87) sono arrivate le microcamere (figlie dei citofoni come qualità) di grande effetto e buona utilità perchè montate sul sostegno della rete , in diverse posizioni a seconda del regista, consentivano di carpire (in replay) eventuali invasioni, manone a muro ed altri dettagli, a quei tempi molto spettacolari.

Poi si è aggiunta una seconda telecamera a spalla sul lato di battuta non coperto. Questa è stata a volte messa all'altezza della linea dei tre metri (idea nata nei campi di beach volley dove sono spesso i colpi che concludono le azioni a finire lì ) e ancora adesso si vede spesso. Quando la tecnica ( e i budget) sono progrediti e sono arrivati i replay digitali (su profile o simili) con annesse lavagne grafiche si è resa necessaria la presenza di una telecamera che "leggesse" tutto il campo e chi vi gioca. La soluzione in questo caso è stata quella di adottare un raddoppio della 90° però non presidiata, che comprendesse tutto il campo di gioco; altra soluzione, possibile solo nei palazzi dove le strutture lo consentono, è una telecamera montata a piombo sul centro del campo e con un ottica tale da inquadrarlo tutto. Quest'ultima posizione, sicuramente spettacolare, è comunque meno utile per leggere i movimenti dei vari giocatori, perchè le immagini sono praticamente "in pianta", bidimensionali insomma e i gesti e i dettagli tecnici non si riesce a coglierli.