REPLAY: cenni storici del replay in televisione

Il replay, originariamente nello sport , era la ripetizione di un evento che non si era concluso dando un risultato di vittoria per un concorrente e che quindi necessitava di una ripetizione. Successivamente il significato è divenuto quello di una riproposizione (spesso rallentata, da qui il "ralenti" o oggi "slow motion" abbreviato in slo-mo) di una parte significativa di un azione in campo sportivo.
Da noi in Italia, la televisione è relativamente giovane, nata nel 1954 e la copertura nazionale arrivò nel 1956 e i televisori erano ancora per poche tasche, più o meno un anno di stipendio di un impiegato. All'incirca 360.000 persone potevano vedere i pochi programmi di allora. Nel '56 si può vedere il primo grande evento sportivo: le VII Olimpiadi Invernali a Cortina D'Ampezzo, seguite quattro anni dopo dalle Olimpiadi di Roma.

In quel periodo, per le dirette i supporti utilizzati per le registrazioni e di conseguenza per i primi replay erano su nastri da due pollici, Ampex o Bosch per la maggior parte, che sostituirono le laboriose registrazioni in pellicola poi trascodificate mediante vidigrafo.

Col passare degli anni ed il progredire della tecnologia, si è passati al più flessibile sistema a 1' e a seguire i primi sistemi a cassetta a 3/4', sempre più precisi e di miglior qualità, con l'evoluzione dei vari formati.

Ma finchè i replay dipendono da supporti fisici come nastri e cassette e relative macchine per leggerli, per grandi produzioni occorrono spazi, macchine e personale per gestire replay, clip e higlights. Il salto epocale avviene all'inizio degli anni '90 quando si comincia ad utilizzare il videoserver come registratore. Nel '94 nasce l'Evs in Belgio, che traccia il solco per tante altre aziende, con macchine in grado di registrare ed emettere immagini in tempo reale, senza smettere di incamerarne di nuove, l'ideale per produrre replay, sequenze, clip e chi più ne ha , più ne registri.

Adesso, siamo alla riduzione degli spazi e all'espansione delle memorie a livello esponenziale. Il prossimo passo?

Il salto qualitativo : i Super Slow Motion e gli E-Motion (o Ultra Slow Motion che dir si voglia) sono l’evoluzione qualitativa del replay. Non solo l’immediatezza possibile della riproposizione ma il rallentamento, anche esasperato , senza perdere la fluidità del movimento. Il principio è lo stesso delle cineprese high speed usate in cinematografia per i ralenty: macchine che invece dei tradizionali 24 fotogrammi al secondo ne registravano 10 o 20 volte di più. Riproiettandole alla velocità normale l’effetto è di rallentare il movimento registrato.
In elettronica i primi superslomo venivano registrati ad una velocità tripla su nastro e poi messi in onda a quella normale con replay che giravano ad un terzo del passo normale.

I video server semplificarono sopratutto la velocità di uscita, che era fissa, rendendola modulabile tramite un pannello di controllo con una leva simile a quella usata nei mixer video per i fade, che rendeva possibile anche una messa in onda “descrittiva”. Esempio: palla rubata con contropiede e schiacciata a canestro finale. La prima parte , rallentatissima, per poi far correre il giocatore al 100% della velocità, “frenando” sulla parte finale dell’azione esasperandone il movimento. Ovviamente il maggior numero di informazioni incamerato tramite il numero superiore di immagini necessità un utilizzo maggiore di canali del server: in un quadricanale normalmente ne vengono usati tre in ingresso ed uno in uscita…